La vertigine di uno sguardo nel passato, traccia indelebile nella memoria del corpo e del cuore, che poi diventa parte del ritmo instancabile della storia collettiva, di quello scorrere vorticoso nel tempo in cui i dolori, le gioie, gli amori, le speranze delle vite dei singoli diventano un unico fluire. Marco D’Agostin, dopo il bellissimo Best Regards dedicato a Nigel Charnock, con Gli anni prosegue nel suo coraggioso affondo dentro gli affetti […] Una danza armata di ricordi che sfida il tragico come «una colonna verticale proiettata verso il futuro», un moto vitale nell’ostinata consapevolezza dell’indispensabile. Francesca Pedroni, Il Manifesto
Tessere drammatiche e coreografiche che piano piano formano il quadro completo, nel quale scopriamo di aver partecipato a una intima rivelazione e allo stesso tempo di aver risvegliato qualcosa della nostra vita. […] Un lavoro sincero e necessario, destinato a un lungo cammino. Silvia Poletti, Danza & Danza
[…] la scena diviene così una cartografia, un dedalo di elementi di uno scavo nell’archeologia politica e sociale degli ultimi trent’anni e più della storia italiana. […] le sovrapposizioni di piani linguistici non sbilanciano mai Gli Anni ma anzi ne fortificano la struttura, ch’è letteraria e percettiva al contempo, aperta, modulare e apparentemente fatta di oggetti raccolti e tenuti assieme con attenzione alla cesellatura, alla precisione scritturale. Spettacolo superbo. Paolo Ruffini, Limina Teatri
In ogni momento della nostra esistenza, anche se ci illudiamo di poter sempre tornare indietro, stiamo irreversibilmente scrivendo una pagina del nostro romanzo biografico: quale forma d’arte se non l’irripetibile teatro può ricordarcelo? […] Oggi D’Agostin è un artista abbastanza solido per togliersi dal palco senza scomparire: la vita scandagliata sulla scena è quella di Marta Ciappina, una delle migliori interpreti della scena coreografica italiana. Maddalena Giovannelli, Il sole 24 ore
[…] gli anni, dispersi lungo un tempo che non fa, non concede, pause; infanzia e adolescenza si fanno allora veicolo di una biografia collettiva, in cui permettere riconoscibilità a ogni spettatore, con il quale scambiare il peso oscillante, impossibile della memoria. Simone Nebbia, Teatro & Critica
Gli anni di D’Agostin/Ciappina è uno di quei lavori che per pensiero e intensità d’azione coreutica sono destinati a rimanere impressi, se non a germogliare nella memoria degli spettatori. Nicola Arrigoni, Sipario
[…] tutto il dolore, la fatica, la nostalgia, l’emozione, si traduce in movimento. Ed è proprio questo a conquistarci, sentire che dietro ogni gesto c’è la memoria fisica di un momento di cui ci arriva la sostanza emotiva prima che il significato. Quello che convince in D’Agostin è che la sua ricerca ha direzione: [… ] Marco cerca l’emotività, ma la cerca nel minimalismo, nelle esplosioni piccole, nelle sfumature, nella grammatica del movimento. Rossella Menna, Doppiozero
Uno spettacolo che, pur percorso da matura autoironia, fa registrare un alto tasso di emotività, viscerale e allo stesso tempo cerebrale. […] Gli anni si costruisce così, lentamente ma ineluttabilmente, quale spettacolo sull’esigenza di illuminare i tanti orridi che costellano l’accidentato percorso della nostra memoria e che non è possibile circumnavigare all’infinito. Una consapevolezza dolorosamente ma pienamente raggiunta da Marta Ciappina, presenza potente e magnetica, qualità che la collaborazione con Marco D’Agostin, anima elettivamente affine, ha felicemente esaltato. Laura Bevione, Artribune
[…] la performance transcodifica il romanzo, “autobiografia impersonale” in cui parole e cose ci piovono addosso, facendoci immergere in una pratica della memoria che salva la storia di generazioni, trovando una sintesi tra vita e perdita nel fervore incontenibile della bellezza del mondo. […] Una sorta di storytelling costruito tramite narrazione, movimento e confronto con il pubblico, nel tentativo – riuscito – di ricucire lo strappo tra attriti ancora fumanti e le sfumature – simmetriche e irregolari, reali e illusorie – del presente. […] La bellezza di questo spettacolo è proprio questo continuo intreccio, dissolvenza e sovrapposizione di piani. […] Il tutto affidato alla raffinata mobilità della performer e alla sua ipnotica capacità interpretativa, in un’esplosione creativa tra danza, parola e biografia. Sara Perniola, Pane Acqua e Culture
Lo spettacolo è di Marco D’Agostin, uno di quegli artisti che offrono una strada alla danza contemporanea, un modo di pensarsi, che ha la delicatezza per fingere che i suoi lavori non siano vere e proprie opere mondo, ma in realtà lo sono. […] la delicatezza pura con cui Marco D’Agostin ha riscritto la storia di questo crimine. Leonardo Merlini, Aska News